Storia di una macchina fotografica
Questa storia non tratta direttamente di gatti e non ha alcuna foto come corredo, ma come vedrete non è completamente fuori luogo, anzi, i mici c'entrano, se non fosse stato per "colpa" loro tutto questo non sarebbe mai successo!

Tutte le foto dei nostri miciotti sono ottenute mediante una Sony Mavica 10x, una macchina fotografica digitale che produce delle immagini in formato JPEG salvandole su dischetto, un comunissimo floppy che ormai si trova dappertutto. La scelta di usare questa macchina è esattamente qui: non appena le foto sono scattate sono immediatamente disponibili semplicemente inserendo il dischetto nel computer e aprendo un normale browser.

Questa storia parte dalla mostra fotografica di Angera del 20-21 maggio, organizzata dall'AFI, dove siamo andati per vedere una particolare micetta e il suo cucciolo di cui parleremo prossimamente. Siamo arrivati ad Angera, sul lago Maggiore, intorno a mezzogiorno di domenica e siamo immediatamente entrati nella mostra, abbastanza piccola ma interessante, soprattutto per la quantità di mici Thai in esposizione. Abbiamo incontrato la nostra amica Flavia, l'allevatrice di Maine Coon con cui avevamo un mezzo appuntamento, e poi siamo andati a mangiare, dopo aver scattato una prima serie di foto ai mici esposti.

Dopo pranzo abbiamo fatto un giretto per il paese, dove c'era un mercatino, e siamo rientrati nella mostra, aspettando un paio di amici di IDAG che ci dovevano raggiungere. Nel frattempo Giovanni ha proseguito instancabile nel suo compito di reporter e ha individuato un paio di micetti rossi decisamente molto interessanti. Dopo essere intervenuta per evitare di trovarmi anche un cucciolo rosso a casa insieme a Birba e Geronimo, aver assistito alle varie premiazioni e aver infine incontrato i nostri amici di IDAG, abbiamo salutato Flavia e ci siamo diretti verso Baveno, sulla sponda piemontese del lago.

La cena è stata molto bella, abbiamo parlato, riso, scherzato, affrontato argomenti seri e mangiato... si mangia molto bene in quel locale, lo ammetto. E' un ristorante-pizzeria con cucina casalinga. Mi viene ancora l'acquolina in bocca solo a pensarci...

Siamo usciti dal locale a mezzanotte e abbiamo imboccato l'autostrada per Milano. Dopo qualche chilometro la spia della riserva si è accesa, così abbiamo deciso che il primo distributore ci saremmo fermati per fare il pieno. Un cartello segnalava "Area servizio: per Milano 35 KM per Genova 22 KM" e io, che guidavo, ho iniziato a fare gli scongiuri. Ma si può fare un tratto di autostrada tanto lungo senza un distributore?

E' a questo punto che ho fatto la domanda fatidica a Giovanni... "La macchina fotografica è sul sedile dietro?". Domanda normale, di solito è un semplice controllo di routine. Solo che questa volta lo vedo sbiancare, si gira di colpo e inizia ad armeggiare sul sedile. Oddio, la macchina fotografica! Ma dove è finita? Sicuramente al ristorante, ce l'aveva quando siamo entrati ma non quando siamo usciti.

Lampeggio agli amici, ci fermiamo un momento e decidiamo il da farsi: noi non possiamo tornare indietro, siamo troppo in riserva per pensare di riuscire a tornare senza restare a secco a metà strada, così decidiamo di proseguire fino al distributore più vicino e tornare indietro. Errore: avremmo dovuto chiedergli di tornare indietro loro intanto che noi cercavamo il distributore, ma nella foga del momento nessuno ci pensa.

Ripartiamo cercando di raggiungere il malefico distributore il più presto possibile, ma io vedo scorrere lentamente i chilometri e la distanza è ancora lunga. Quando arriviamo a un chilometro dallo svincolo per Genova leggo sul solito cartello verde: "Area servizio: per Milano 16 KM per Genova 3 KM". Agisco d'istinto e senza avvisare nessuno, nemmeno gli amici che davanti hanno sicuramente pensato che fossi impazzita, e imbocco decisamente la direzione per Genova, con Giovanni che mi urla che ho sbagliato strada e gli amici che inchiodano sulla rampa per Milano. Sbagliato strada? E perché? Tanto dobbiamo tornare indietro, no? E allora tanto vale non allungare inutilmente la strada, ma puntare direttamente sul distributore, appunto, più vicino...

Consulto telefonico rapido, gli amici faranno dietrofront alla prima uscita utile e ci precederanno al locale, noi intanto voliamo verso il distributore e finalmente lo raggiungiamo. Facciamo il pieno e poi torniamo indietro il più rapidamente possibile. Poco dopo l'uscita di Baveno squilla il cellulare: il locale è chiuso, ma la nostra amica conosce il padrone del locale e sa dove abita, possiamo andare direttamente da lui e verificare se hanno trovato loro la nostra macchina con il suo prezioso carico felino.

Facciamo un giro incredibile per le strade più impervie dei paesini della zona e finalmente arriviamo a casa dei padroni del locale: ormai è l'una di notte. Con enorme faccia tosta suoniamo al loro citofono e spieghiamo la situazione. Con nostro enorme sollievo ci confermano di aver trovato loro la macchina fotografica, ma come ci si poteva immaginare non l'hanno portata a casa. Così siamo costretti a ripartire senza macchina fotografica, senza le foto dei mici e con la necessità di essere a Milano prima delle due di notte per evitare di restare chiusi fuori dal garage dove la nostra auto è parcheggiata normalmente.

Ieri mattina, martedì, sono tornata a Baveno per recuperare la macchina fotografica, ma non ho trovato nessuno. Ho scoperto però che il locale apriva alla sera, così con Giovanni siamo tornati ieri sera, abbiamo recuperato la nostra Mavica e abbiamo cenato sul lago, tornando poi con calma a Milano.

Conclusione? Circa 500 chilometri percorsi in un senso o nell'altro più volte sull'autostrada per recuperare UNA macchina fotografica. Se qualcuno ci ha osservato da un satellite sicuramente si sarà chiesto cosa sono stati quegli strani movimenti tra Milano e Baveno domenica e martedì... speriamo solo che non pensi troppo male!

 
Milano, 23 maggio 2000